Il corpo vissuto
- concettaferraiuolo
- 26 set 2020
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Nella storia del pensiero filosofico occidentale, il corpo ha assunto differenti significati che hanno avuto delle importanti ricadute in diversi settori disciplinari, da quello medico a quello psicologico.
Nella tradizione filosofica una delle forme più compiute della distinzione tra mente e corpo è stata elaborata da Cartesio il quale ha sancito la separazione tra il corpo e la mente che ha fatto da sfondo al pensiero in Occidente e dalle cui trame ha tratto origine quel pensiero scientifico che ancora oggi domina, ad esempio, i contesti sanitari, “l’io dell’uomo sensibilmente intuitivo della vita quotidiana venne spezzato in anima e corpo. Il corpo da soggetto che esplora con i suoi sensi il mondo, venne risolto in oggetto, relegato nella res extensa, e inteso al pari di tutti gli altri corpi, che presiedono l’estensione e il movimento. L’anima, sottratta a ogni influenza corporea, venne pensata come pure intelletto”[1]
L’anima per Cartesio è indivisibile e invisibile, in quanto attraverso ogni sua funzione si manifesta totalmente, la realtà fisica al contrario è divisibile, estesa e visibile, in quanto ogni sua parte può essere separata dal tutto. L’esistenza vien dunque divisa come res extensa e res cogitans, portandoci così ad una visione di un corpo come corpo-oggetto riportandoci ad una rappresentazione scissa e frammentata di sé.
Ma attraverso il corpo noi esperiamo il nostro essere-nel-mondo, se, infatti come dice Galimberti, il corpo non è un oggetto ma è ciò grazie a cui vi sono degli oggetti[2], allora se il nostro corpo cambia, se intervengono delle modificazioni, ciò che muta non è solo il nostro corpo ma il mondo in cui viviamo che esiste per noi attraverso il corpo con il quale lo percepiamo. Pensare al corpo unicamente attraverso le parti che lo compongono fornisce una spiegazione parziale di ciò che siamo.
Tra gli approcci interpretativi che esprimono una qualità fondativa rispetto a queste concezioni di corpo fin qui accennate la fenomenologia è, certamente, tra i più rilevanti di quest’epoca.
Ma di quale corpo si occupa la fenomenologia? Il nostro corpo non è soltanto il corpo che noi abbiamo ma il corpo che noi siamo, l’essere umano è innanzitutto un corpo che si apre al mondo e all’altro. Se la mente umana è il campo di esperienza che emerge a partire dall’interazione di un corpo vivente con il suo mondo, non ha più senso chiedersi quale sia il rapporto tra mente e corpo, né se venga prima l’organismo o l’ambiente. Nell’incontro con un paziente non si sta soltanto di fronte ad un corpo da osservare, analizzare e spiegare, ma si sta di fronte ad un corpo vissuto, che incarna la storia dell’altro con tutta la sua soggettività, la fenomenologia si occupa di quello che accade tra l’uomo e il mondo[3]
Husserl nel tentativo di superare il dualismo cartesiano, introduce il concetto di corpo vivente per distinguerlo dal corpo-oggetto. Nella lingua tedesca viene utilizzato il termine leib, che ha la stessa radice di liebe (amore) e leben (vita), per riferirsi al corpo delle emozioni, al corpo con cui io mi intenziono al mondo. La parola Korper deriva invece dal latino corpus, per riferirsi al corpo oggettivato, non al corpo che sono ma al corpo che ho. Il mondo, allora, esiste attraverso il mio corpo, immaginiamo il significato che la mano può assumere per un pianista, in essa egli trova il canale per esprimere al mondo, attraverso un oggetto del mondo, il proprio intimo e personale vissuto, la mano diventa il punto di contatto tra sé ed il mondo. Così come la mano per il pianista dà senso al pianoforte, così il nostro corpo da senso e significato al mondo che viviamo. Sartre ci spiega bene questo concetto: “Io non colgo la mia mano nell’atto di scrivere, ma solamente la penna che scrive; ciò significa che io utilizzo la penna per tracciare delle lettere, ma non la mia mano per tenere la penna. In rapporto alla mia mano io non sono nello stesso atteggiamento utilizzante in cui sono in rapporto alla penna: io sono la mia mano”[4]. Il corpo è dunque ciò, in funzione del quale esistono tutti gli strumenti ma non è a sua volta uno strumento, io non sono il chiodo o il martello perché li uso, mentre non uso il mio corpo perché lo sono.[5]
Merleau-Ponty è annoverato tra i precursori dell’embodiment perché tutta la sua filosofia si basa sull’idea che una piena comprensione della natura umana è possibile solo a partire dal corpo, inteso come mezzo privilegiato sia della conoscenza del mondo sia della comunicazione con esso. In pratica il corpo è la cornice ed il mezzo attraverso cui passa tutto ciò che percepiamo.[6]
Gli oggetti del mondo, così come si danno agli esseri umani, non sono indipendenti né da altri oggetti, perché fanno parte sempre di una struttura gestaltica senza la quale non esisterebbero nemmeno, né dall’uomo che li percepisce, perché si danno a quest’ultimo solo in modo mediato, a partire dai modi in cui si presentano ad essere percepiti e manipolati dal suo corpo.
Per Merleau-Ponty la conoscenza del mondo è prima di tutto una conoscenza pratica, e solo grazie a questa, diventa poi teorica, “Il mondo non è ciò che io penso, ma ciò che io vivo”[7].
La fenomenologia clinica, in pratica, ridà alla mente il proprio corpo, il corpo vissuto, scriveva Sartre, è l’unico vero oggetto psichico, e ridà al corpo la sua mente, perché finalmente la incarna.
Noi abitiamo il mondo sia con la mente che con il corpo che ci aiutano a significare le nostre esperienze caratterizzate da emozioni, pensieri, sensazioni. Ciascuna nostra esperienza è costituita da una moltitudine di continui rimandi tra vissuto corporeo e mentale che non possono essere scissi o separati gli uni dagli altri se non al prezzo di perdere una parte del proprio sé e dell’esperienza che facciamo di noi stessi e del mondo. Il corpo in pratica, non è soltanto un sistema meccanicistico ma è un sistema vivente, non è composto solo di parti ma il corpo è un tutto vivente.
L’embodiment, quindi, non è una sorta di modello che trasporta il corpo nel cervello, ma è la mia esperienza incarnata, che si basa sul sistema olistico dell’organismo. Il mio essere soggetto non è nel mio cervello, ma io sono un soggetto incarnato[8].
[1] Galimberti U.“Psichiatria e fenomenologia” Feltrinelli,1979,Pag. 82 [2] Galimberti U.“Il Corpo” Feltrinelli, 2002 [3] Intervista a Gilberto di Petta, “il corpo vissuto”, 2020 https://www.psicologiafenomenologica.it/interviste/il-corpo-vissuto/ [4] Sartre J.P., L’essere e il nulla, Il Saggiatore, Milano,1968, Pag. 401 [5] Galimberti U.“Il Corpo”, Feltrinelli, 2002 [6] Damasio A. “L’errore di Cartesio”, Adelphi, 1995 [7] Merleau-Ponty M., “Fenomenologia della percezione”, Bompiani, 2003, Pag. 26 [8] Intervista a Thomas Fucks, “The embodied mind”, 2019, https://www.psicologiafenomenologica.it/psicopatologia/the-embodied-mind-intervista-a-thomas-fuchs/

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