top of page
Cerca

Comprendere la... schizofrenia

  • concettaferraiuolo
  • 4 dic 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Mi sono ritrovata, tempo fa, nel corso di un colloquio con un giovane paziente, a parlare della schizofrenia, e dell’incomprensibilità o quasi del mistero che aleggia dietro questa patologia. Mi dice che ad una parente a lui molto vicino, è stato detto di aver questo disturbo, non è mai riuscito a capire cosa fosse accaduto in lei, cosa si fosse improvvisamente rotto, e quale fosse la sua condizione di vita; “Dottoressa, non so che dirle, forse lei è sempre stata così”

Mi sono chiesta quanto, la schizofrenia, possa essere un’esperienza vicina a noi, e se potesse valer la pena scrivere poche righe, che possano aiutarci, così come è stato per il paziente nel corso del colloquio, a comprendere i vissuti e l’esperienza di mondo che fa l’altro.

Nasce proprio grazie all’idea datami, da questo giovane paziente, una rubrica che chiamerò “Comprendere la…” attraverso un appuntamento mensile, proverò rendere fruibile e comprensibile i disturbi e i disagi, che possono coinvolgere persone a noi vicine, se non noi stessi.

La schizofrenia è una patologia i cui confini sembrano non essere chiari, gli studi della stessa sono generalmente partiti dallo studio della sintomatologia attiva, quella più evidente (allucinazioni, deliri, eloquio disorganizzato), la ricerca ha privilegiato l’aspetto produttivo delle psicosi, ma tra le pietre miliari della letteratura antropo-fenomenologica spicca la “Perdita dell’evidenza naturale” di Blanckeburg, sostenendo che il nucleo delle psicosi va ripreso nella perdita dell’ovvietà semantica che fa da sfondo al nostro essere nel mondo, sviluppando un interesse per la forma pauci-sintomatica della schizofrenia.

Con il concetto di “perdita dell’evidenza naturale”, Blanckeburg trascende dalla dicotomia tra esterno ed interno del soggetto; ciò che è in gioco non è un insieme di credenze specifiche sul mondo, ma è la capacità di vedere le cose nella prospettiva appropriata, si riferisce quindi, ad una presenza non concettuale e non riflessiva del mondo intersoggettivo, ma ad una pre-comprensione automatica del contesto, dello sfondo.

I deficit espliciti della schizofrenia sono conseguenza di “una perdita di prove naturali” che costituiscono una vulnerabilità primaria, una crisi del senso comune, considerando così la schizofrenia una reazione secondaria ad un deficit primario.


“Lavare i piatti, non riesco a farlo con un’evidenza; ciò in un certo senso, mi sconcerta: bisogna che mi ci costringa (…) la mattina, durante la visita, quando ricamo, è solo un trucco e io non ci sono veramente; ho bisogno di appoggio nelle cose quotidiane più elementari (…) mi manca di poter sapere in maniera evidente quello che so (…) sono tante le cose che ho compreso. Ma non basta. Manca qualche cosa. Qualche cosa di importante, di piccolo, ma indispensabile (…) le regole del gioco fino a oggi non ho potuto conoscerle con chiarezza (…) mi manca il sentimento di certe emozioni, il sentimento delle cose (…) non ci sono veramente, è tutto troppo adulto per me (…) è come se non avessi un punto di vista, non posso affidarmi a me stessa, non so assumere una posizione stabile rispetto a un problema; ci sono comportamenti confacenti che legano un essere umano a un altro (…) sentimenti di cui si ha bisogno per essere umani (…) io sono passata a lato di tutto questo (…) non riesco a sapere in maniera evidente quello che so nei rapporti con gli altri esseri umani (…) ho bisogno di un legame che mi guidi, senza il quale tutto è artificiale.”


Sono le parole di una giovane paziente schizofrenica, Anna Rau, attraverso le quali Blanckeburg cerca di esprime la condizione penosa che si vive nel non essere immersi nell’evidenza naturale.

La sua principale lamentela è proprio la mancanza di naturalezza, emergono con chiarezza tre dimensioni:

1. L’inautenticità vissuta nel rapporto con le pratiche quotidiane,

2. L’estraniamento provato nel confronto con l’evidenza ambientale,

3. Il dolore avvertito in assenza di una stabilità interna.

La sottile riflessività che Anna mette in gioco per «arrangiarsi con le cose», illumina allo psicopatologo il campo della non presenza, le forme basali della perdita dell’evidenza.

L’esperienza, per i pazienti con schizofrenia è più osservata di quanto non è vissuta, questa tendenza iper-riflessiva, possiamo interpretarla come un tentativo di compensazione, un tentativo di ripristinare qualcosa che è stato perso.

Il paziente sente subito che qualcosa sta cambiando, ma è una sensazione difficile da descrivere, le frasi che ci vengono dette sono in genere: “non mi sento più me stesso”, “sto perdendo contatto con me”, “sto diventando inumano”. La persona può percepire un vuoto interiore, o la mancanza di un nucleo interiore che generalmente è costituito da un campo di consapevolezza, ancora, spesso le persone si lamentano di un’alterazione dell’auto-presenza, il paziente si sente di non essere completamente cosciente, e questo è spesso associato ad una diminuita affettività.

I disturbi autistici (riguardanti l’autoconsapevolezza e l’intersoggettività) si verificano generalmente nell’insorgenza dello spettro schizofrenico, e successivamente vengono integrati e trasformati in sintomi psicotici emergenti.

Dott.ssa Concetta Ferraiuolo

Cell- 393 167 5655

E-mail- concetta.ferraiuolo88@gmail.com


 
 
 

Comments


Post: Blog2_Post

3931675655

©2018 by psicologo napoli Dott.ssa Concetta Ferraiuolo. Proudly created with Wix.com

bottom of page